02.02.2018 - CARTOLINE DAL QUARTIERE. Il design come strumento di partecipazione
È esposta a Spazio Resistenze la mostra Cartoline dal quartiere, nata dal lavoro di Andrea Dieck, studentessa della Libera Università di Bolzano, che per la sua tesi di laurea ha voluto raccontare il ruolo del design nel coinvolgimento dei cittadini. Nello scorso luglio cittadini di Bolzano e non sono stati invitati a immaginare diverse versioni di piazza Matteotti attraverso cartoline che sono diventate una mostra. L'invito è oggi rivolto a tutti e si richiede un piccolo sforzo ulteriore: di entrare a Spazio Resistenze e appendere la propria cartolina che indichi un luogo del quartiere e lo racconti per la sua possibile definizione futura: cosa vorrei per questo preciso luogo del mio quartiere? Come lo immagino domani? Spazio Resistenze vuole essere infatti un luogo di ascolto, dove i giovani possono trovare lo spazi giusto per rendere concrete le proprie idee, ma anche dove i cittadini possono partecipare attivamente alla vita della comunità. Il lavoro di Andrea Dieck rappresenta proprio uno dei modi possibili per farlo e parte da una sua riflessione sul tema delle periferie. A lei abbiamo fatto qualche domanda.
Il progetto "Cartoline dal quartiere" nasce dalla tua tesi di laurea: puoi in sintesi raccontare la tua ricerca? Ho deciso con questa tesi di allontanarmi un po' dalla visione del design come ispirazione per provare invece a vedere il ruolo di questa disciplina in termini di facilitazione del processo creativo. Considero la capacità di visualizzare idee e avere una prospettiva su di esse uno strumento di potere che, se messo a disposizione del bene comune, può essere determinante nel processo democratico. Sono convinta che sia necessario dare valore allo spazio pubblico, non solo ascoltando le esigenze delle persone ma, sopratutto, rendendole consapevoli del fatto che la città è il terreno comune su cui possono avere un impatto.
Lo scorso luglio, a Piazza Matteotti, si è svolto un laboratorio: come è andata? Come reagiscono le persone a una richiesta di partecipazione attiva? Il laboratorio a piazza Matteotti è stato molto soddisfacente: hanno partecipato più di cinquanta persone di ogni età e appartenenti a diversi gruppi linguistici. La cartolina si è rivelata un mezzo familiare, attraverso il quale è stato semplice esprimersi. I giovani erano più disponibili a immaginare gli spazi nel futuro, utilizzavano volentieri colori e riviste. Ai bambini giocare con i Lego costruendo la loro piazza dei sogni è piaciuto molto. In generale c'è stata molta curiosità, soprattutto da parte degli abitanti del quartiere.
Cosa ti aspettavi da questo lavoro? Onestamente non mi aspettavo niente di concreto. Si è trattato di un tentativo per verificare se la mia idea potesse funzionare e se davvero lo strumento visivo potesse rappresentare un buon modo per esprimere le proprie opinioni. È stato un piacere osservare come con queste modalità le proposte diventavano più precise, come la libertà di esprimersi si faceva via via più intensa, in un contesto di divertimento. Posso dire ora con certezza che le immagini nate dal laboratorio sono tutte uniche ma fondate su un metodo comune che consente il confronto. Credo molto in questo approccio e sto continuando su questa strada anche ora che vivo a Berlino, dove collaboro con uno studio di design attivo nei processi partecipativi.
Qual è, secondo te, il ruolo che le periferie hanno oggi? E quale potrebbe essere il loro ruolo nel futuro? Credo che il ruolo delle periferie sia determinante: oggi si trovano in questi luoghi persone e imprese marginalizzate non solo a livello geografico, ma che possono rappresentare un interessante spazio di crescita. Purtroppo, il prezzo più basso del terreno attira anche impianti produttivi, centri commerciali, alberghi, fiere che possono "desocializzare" la morfologia urbana di queste zone. Penso però che le periferie siano proprio il luogo dove è possibile intervenire dal basso, creando un senso di comunità e apprezzando la diversità che si trova spesso in quartieri del genere. "Unity in diversity" non è solo un metodo di comunicazione visiva, ma sopratutto un principio fondamentale della democrazia.